Investimenti a impatto sociale: un cambio culturale necessario per il Terzo Settore
Come incidere sul cambiamento, come essere il cambiamento?
Pubblico un interessante dialogo con Paola Caporossi, co-fondatrice vice-presidente Fondazione Etica – Fondazione nazionale riconosciuta, indipendente e no-profit, che si occupa di innovazione nel sistema pubblico e nelle politiche sociali.
“Il volontariato vecchia maniera non basta più. La crescita esponenziale dei bisogni – si pensi, in primis, alla povertà – ci obbliga a ripensare l’idea stessa di politiche sociali, non riducendole a mero intervento temporaneo per attutire un bisogno, ma ampliandole all’ ambizione di ridurre quel bisogno, se non di cancellarlo. Un’idea, dunque, a metà tra sociale ed economico, in cui il primo non è più mero costo, ma occasione di sviluppo economico per tutti.”
A quali strumenti finanziari si può attingere oggi per “fare investimenti ad impatto sociale in modo innovativo”?
“Già nel 2016, con l’approvazione della riforma del Terzo Settore, il legislatore ha introdotto i titoli di solidarietà, che altro non sono se non una forma di investimento a impatto sociale, e quindi uno strumento per fare sociale in modo innovativo.
Su questo, però, il mondo del Terzo Settore è ancora indietro. Il nostro Paese, infatti, è ricchissimo di progetti sociali di grande valore. Il problema è la scarsa attenzione alla loro sostenibilità finanziaria. Quanti operatori del terzo settore si fanno promotori di progetti bellissimi senza, però, soffermarsi a sufficienza su come essi possono essere finanziati. Il perché è chiaro: è più facile per tutti ricorrere ai metodi di finanziamento tradizionali e bussare alle porte del Comune o della Regione, oppure a quelle di una fondazione bancaria o di un ricco filantropo.”
Si avverte, pertanto, la necessità di un cambiamento di prospettiva e di una vera presa di coraggio da parte del mondo del Terzo Settore?
“I soldi pubblici stanno progressivamente diminuendo a fronte di bisogni crescenti; ed è impensabile che i filantropi possano realisticamente farsi carico dei tanti progetti che gareggiano per farsi finanziare, in una sorta di insana competizione tra no-profit che rischia persino di svilirne il valore. Le stesse fondazioni bancarie non dispongono più delle risorse del passato e, in ogni caso, non riescono a raggiungere tutti i territori.
Ecco perché abbiamo tutti il dovere di provare a misurarci con strumenti innovativi anche dal punto di vista finanziario: non sono tutte diavolerie, come qualche associazione continua a pensare, ad esempio, a proposito, dei social bond, salvo poi tornare a bussare sempre alle stesse porte dei politici e dei filantropi.”
Esistono strumenti finanziari buoni e strumenti finanziari cattivi?
“Progettare e basta è un lusso che oggi non possiamo più permetterci: anche i volontari devono imparare a misurarsi con la ricerca di nuove vie di finanziamento. Basta ispirarsi ai (pochi) casi di veri investimenti a impatto sociale realizzati in Italia e da lì cominciare a sperimentarli su vasta scala. Dobbiamo farlo, se vogliamo incidere davvero sul cambiamento.”