quando la violenza è psicologica

Quando la violenza è psicologica? Lo scopo di questo articolo è quello di descrivere alcuni dei comportamenti in cui si manifesta.

Chi ferisce attraverso la violenza psicologica nella maggior parte dei casi non è un estraneo. È colui che la donna ha scelto come proprio partner di vita, come compagno, come marito, come padre dei propri figli. È la persona che credevamo essere e che non è esattamente come pensavamo fosse, ma da cui ci si può allontanare.

La violenza psicologica avviene prima di tutto in famiglia e si sostanzia in ripetute manifestazioni di mancanza di rispetto e di aggressività, che evidenziano una continua e perdurante violenza psicologica, poiché la vittima è oggetto di continue umiliazioni e di comportamenti prevaricanti, tali da instaurare un clima di tensione e paura in casa, con conseguente privazione della propria libertà di movimento e di autodeterminazione. (Trib. Vicenza 14/08/2020 n. 472)

VIOLENZA PSICOLOGICA: QUANDO SI CONCRETIZZA?

Si ha violenza psicologica, dunque, quando l’uomo manifesta il proprio dominio e la propria autorità sulla donna, la quale ne diviene a tutti gli effetti succube ed incapace di reagire di fronte a tali aggressioni psicologiche. Il maltrattante usa un linguaggio umiliante e denigratorio nei confronti della propria donna e di tale gravità da pregiudicarne, a lungo andare, il benessere psico-fisico e questo si ripercuote anche su coloro che sono costretti ad assistere ad atti di violenza compiuti dai propri familiari, pensiamo alla violenza assistita.

TUTELE

Tra le varie azioni a tutela della vittima, la Legge n. 154/2001 ha introdotto la disciplina dell’allontanamento del coniuge violento da colei che ne è vittima. Infatti, con provvedimento giudiziario, all’imputato viene intimato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro e comunque di non accedervi senza autorizzazione. O ancora il Giudice può prescrivere che l’aggressore non si avvicini ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, salvo che ricorrano esigenze di lavoro.

Inoltre l’Autorità Giudiziaria, può disporre a carico del maltrattante l’obbligo di devolvere una somma di danaro periodicamente a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano privi di mezzi adeguati.

Non solo, chi decide di denunciare la violenza subita può affidarsi ad una rete di esperti per ricevere il giusto sostegno e protezione. Sono attivi, infatti, i Centri Antiviolenza, che attraverso un lavoro di equipe composta da psicologi, volontari, legali, fornisce assistenza alla persona offesa.

MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: reato di cui all’art. 572 c.p.

Recentemente la Corte di Cassazione con sentenza n. 19674/2014, ha affermato che: “il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato dalla condotta dell’agente che sottopone la moglie ad atti di vessazione reiterata e tali da cagionarle sofferenza, prevaricazione ed umiliazione, poiché costituenti fonti di disagio continuo ed incompatibile con le normali condizioni di esistenza (omissis)”.

Il  reato di maltrattamenti in famiglia si realizza, pertanto,  non solo attraverso comportamenti consistenti in violenze fisiche, ma anche per mezzo di condotte sistematiche ed abituali volte alla sopraffazione psicologica della vittima e tali da alterare le relazioni di tipo familiare.

Perché si configuri il reato la persona offesa deve trovarsi in una posizione di soggezione nei confronti dell’autore del reato. Quest’ultimo deve agire intenzionalmente attraverso atti nel tempo, anche se intervallati da periodi di normalità. La stessa Corte di Cassazione in materia di abitualità della condotta criminosa ed in riferimento alla ricorrenza dell’elemento psicologico del reato, ha affermato che: “ad integrare l’abitualità della condotta, nel delitto di maltrattamenti in famiglia o contro i fanciulli, è sufficiente la ripetizione degli atti vessatori, unificati dalla medesima intenzione criminosa, anche se succedutisi per un limitato o per limitati periodi di tempo ed anche se gli atti lesivi siano alternati con periodi di normalità” (Cass. Pen. Sez. VI, n. 43673/2002).

RISARCIMENTO DEL DANNO

Strettamente correlato alla ricorrenza del fenomeno criminoso della violenza psicologica è dato dalla più o meno risarcibilità del danno esistenziale, considerato che è evidente che il compimento di atti di violenza psicologica, i quali si ripetono nel tempo compromettendo la sfera psichica della vittima e le sue stesse relazioni familiari, ne pregiudicano, a volte in modo irreparabile, la sfera psichica ed emotiva e ne alterano le sue abitudini di vita. E’ per tale motivo che si può ricorrere per chiedere il risarcimento del c.d. danno esistenziale accompagnato dalla dimostrazione della ricorrenza del nesso di causalità tra condotta pregiudizievole ed evento dannoso psicologico che ne è conseguito.

MOBBING FAMILIARE

La Corte di Appello di Torino (nel 2000) ha configurato, per la prima volta, la fattispecie del mobbing familiare o mobbing coniugale, nell’ambito di un procedimento di separazione dei coniugi, indicando la rilevanza di un “comportamento, in pubblico, del coniuge offensivo ed ingiurioso nei confronti dell’altro coniuge, sia in violazione delle regole di riservatezza, e sia, soprattutto, in riferimento ai doveri di fedeltà, correttezza e rispetto derivanti dal matrimonio, condotta ancor più grave se accompagnata dalle insistenti pressioni (“mobbing”) con cui il coniuge stesso invita reiteratamente l’altro ad andarsene di casa”.

Ancora, più recentemente, il Tribunale di Napoli (27 settembre 2007) ha affermato come: “la continua denigrazione di un coniuge da parte dell’altro, integrando il c.d. “mobbing”, può comportare l’addebito della separazione al coniuge responsabile di tali abusi”.

STALKING FAMILIARE

Lo stalking familiare si sostanzia in un comportamento assillante e invasivo della vita del partner, mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive nei suoi confronti che ne condizionano negativamente la vita quotidiana.

L’art. 7 d.l. 23.02.2009, n. 11, convertito in legge n. 38 del 2009, ha introdotto l’art. 612 bis c.p.c., rubricato atti persecutori.

Quando lo stalking avviene in famiglia?

Quando

  • un partner nei confronti dell’altro inizia ad assumere un atteggiamento assillante ed invasivo;
  • il partner che subisce inizia ad essere eccessivamente sorvegliato e sottoposto a controllo nelle sue quotidiane attività di vita personali e familiari;
  • le condotte intrusive iniziano a condizionare negativamente la vita del partner;
  • lo stalker assume una serie di condotte volte a screditare il partner ed isolarlo dal contesto familiare.

Quelle anzi descritte sono alcune delle condotte in cui la violenza, quella psicologica, si manifesta nelle forme descritte ed è stata inquadrata all’interno di una disposizione normativa perché l’ordinamento giuridico ne possa prevedere una adeguata risposta sanzionatoria.

Si tratta di fattispecie di reato che prevedono pene severe, che operano affinché le vittime di violenza trovino giustizia e riparazione per i danni subiti che, nel caso di soprusi mentali e manipolazioni non sono lividi visibili che evidenziano palesemente la violenza, ma sono ferite profonde che se non curate prontamente possono cagionare danni irreparabili. Dalla violenza si esce. Nessuno è solo ma la decisone di agire e riprendersi la propria libertà di scelta e di azione è sì una scelta personale, che innesca poi un interazione ed uno scambio di energie tra chi la violenza la combatte nelle aule di Tribunale e chi mira al recupero ed al benessere di chi l’ha subita.

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