Se i genitori hanno culture e religioni differenti quali scelte per i figli? Vediamo come comportarsi e la giurisprudenza in merito.

In una Società multietnica come quella attuale non capita di rado che i genitori provengano da contesti culturali differenti e professino religioni diverse. Accade, quindi, che quando nascono i figli possano sorgere contrasti in merito a quale culto far prevalere rispetto all’altro ed anche dinanzi a differenti metodi educativi che rispecchiano le differenti mentalità ed insegnamenti con i quali i genitori sono cresciuti.

È naturale che padre e madre debbano rispettare la reciproca autonomia di scelta e di libertà religiosa. Ma nel momento in cui la coppia di coniugi diventa coppia genitoriale, in capo ad entrambi sorge il diritto ed il dovere di educare la prole e, questo, anche sotto l’aspetto religioso. In un discorso così delicato e per nulla scontato, non si può prescindere dal dettato della nostra Carta costituzionale.

Cosa dice la Costituzione

In particolare, l’art. 2, nel riconoscere i diritti inviolabili dell’uomo, riconosce alla tutela educativa religiosa del minore un significato volto a garantire al medesimo un adeguato percorso educativo, lo sviluppo di una propria autonoma personalità, capace e libera di determinarsi, secondo i propri valori, credenze ed aspirazioni naturali.

Il successivo art. 3, che sancisce il principio di uguaglianza, fa sì che anche al minore, che non ha la maggiore età, debbano essere riconosciuti uguali diritti degli altri cittadini, anche in tema di libertà di culto.

 

Restando aderenti alla Carta costituzionale, possiamo fare un salto direttamente all’art. 30 che, rivolgendosi ai genitori, ne ricorda il diritto e dovere di mantenere, istruire ed educare i figli.

Si cita il dovere di rispettare le capacità ed inclinazioni naturali ed aspirazioni dei figli anche nel Codice civile (art. 147 c.c.).

Rammento che, con la Legge 19 maggio 1975, n. 151, la tutela dei minori ha visto focalizzarsi l’attenzione sull’importanza di garantire agli stessi quell’educazione ed istruzione necessari al fine di un corretto sviluppo della loro personalità e che ci sono voluti quarant’anni poi per unificare lo status giuridico dei figli naturali e legittimi, con la Legge 10 dicembre 2019, n. 219.

L’art. 19 di tale Legge espressamente vieta ogni discriminazione legata ai convincimenti religiosi, assicurando a ciascuno il diritto di professare liberamente il proprio credo religioso, o di non professarne alcuno, ovvero il diritto di farne propaganda e di esercitarne il culto, a condizione che non si tratti di riti contrari al buon costume.

Cosa succede in famiglia in caso di orientamenti religiosi differenti?

La citata Legge non ci aiuta a rispondere a tale interrogativo. La giurisprudenza, nel tempo, facendo riferimento al combinato disposto degli artt. 2 e 30 Costituzione sopra citati, congiuntamente all’art. 147 c.c.  ha affermato che il potere dei genitori, in ambito di educazione religiosa, non dovesse porsi in contrasto con il diritto di libertà religiosa del minore, ma quale strumento volto a far compiere al minore medesimo, inteso quale persona e cittadino, una scelta religiosa, contraddistinta da autonomia decisionale, libertà e consapevolezza.

 

Significativa la pronuncia della Cassazione Civile, anno 2012, in cui gli Ermellini hanno affermato che possono essere imposti limiti alle scelte educative dei genitori se finalizzati ad evitare turbamenti nella personalità del minore, avendo dovuto operare una contestualizzazione dell’esperienza religiosa per il minore stesso, valutando il reale significato della religione per il medesimo, soprattutto in base alla propria età. (Cass. civ., sez. I, 12 giugno 2012, n. 9546).

Tale principio è stato, anche, oggetto di più recente affermazione, da parte della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. I, 24 maggio 2018, n. 12954), dal momento che “in tema di affidamento dei figli minori, il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissare le relative modalità, in caso di conflitto genitoriale, è quello del superiore interesse della prole, stante il preminente diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata, sicché il perseguimento di tale obiettivo può comportare anche l’adozione di provvedimenti – quali, nella specie, il divieto di condurre il minore agli incontri della confessione religiosa abbracciata dal genitore dopo la fine della convivenza – contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, ove la loro esteriorizzazione determini conseguenze pregiudizievoli per il figlio che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo”.

Se i genitori hanno culture e religioni differenti quali scelte per i figli

Se i genitori hanno culture e religioni differenti quali scelte per i figli? Cosa può fare il Giudice?

Da ultimo, sempre la Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 30 agosto 2019, n. 21916) ha cristallizzato in una propria ordinanza il principio secondo cui “il giudice può adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali dei genitori in tema di libertà religiosa e di esercizio del ruolo educativo solo in seguito all’accertamento in concreto di conseguenze pregiudizievoli per il figlio che ne compromettano la salute psico-fisica e lo sviluppo.

Tale verifica non può che basarsi sull’osservazione e sull’ascolto del minore”.

Analizziamo cosa ha deciso nel dettaglio la Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nello specifico, è intervenuta in un procedimento che aveva visto il Tribunale di primo grado pronunciarsi in favore del padre, di credo cattolico, sulla base dell’argomentazione secondo cui la religione professata dal padre fosse maggiormente rispondente all’interesse del minore, perché avrebbe garantito lui una più agevole integrazione nel tessuto sociale e culturale di appartenenza.

Nel successivo giudizio, innanzi la Corte di Appello, quest’ultima ravvisando che il figlio aveva ricevuto il sacramento del battesimo, per volontà di entrambi i genitori, sarebbe stato certamente opportuno consentire al minore di proseguire la formazione religiosa cattolica senza ricevere contemporaneamente altri insegnamenti contrastanti con essa.

La Corte di Cassazione ha ravvisato in entrambe le pronunce la violazione dei principi costituzionali e quelli delle Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ritenendo indispensabile l’ascolto del minore.

Se i genitori hanno culture e religioni differenti, quali scelte per i figli?

In ordine alla scelta dell’educazione religiosa da trasmettere ai figli è prioritario il loro interesse morale e materiale ad una crescita sana ed equilibrata. Questo può comportare che il Giudice adotti “provvedimenti, relativi all’educazione religiosa, contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà dei genitori, ove la loro esplicazione determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per il figlio, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo”, che possono essere assunti soltanto dopo che il minore stesso sia stato ascoltato.

Una più recente ordinanza del Tribunale di Pesaro, la n. 8519/2020, ha affermato che se i genitori hanno due credenze religiose diverse, la figlia deve essere lasciata libera di frequentare le celebrazioni di entrambe le fedi e tutti quegli eventi collegati in maniera diretta e indiretta alle stesse.