Cosa succede alla successione, quindi, ai beni di una persona quando muore senza il coniuge, figli o ascendenti? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo.
Quando un soggetto decede, nel luogo in cui era domiciliato si apre la successione ereditaria, che può essere sia testamentaria che legittima, a seconda dell’esistenza o meno di un testamento valido.
Se il defunto, chiamato anche de cuius, non ha lasciato un testamento valido, la legge subentra con la successione legittima per individuare gli eredi che hanno diritto ai suoi beni: si tratta generalmente dei parenti più stretti del soggetto deceduto. Vi è però un caso molto particolare disciplinato dall’art. 572 del Codice civile, che si verifica quando il de cuius non abbia lasciato coniuge, discendenti, ascendenti, fratelli e loro discendenti. In questi casi, la legge stabilisce che l’eredità spetta ai parenti più prossimi fino al sesto grado, e in mancanza, viene devoluta allo Stato.
La disciplina da applicare in caso di successione mortis causa
La disciplina che regola la successione in caso di morte in Italia è molto antica e viene racchiusa nel Titolo II del Codice civile al Libro Secondo. Questa sezione del codice specifica le categorie di soggetti che hanno caratteristiche e requisiti giuridici per subentrare nei rapporti passivi e attivi del defunto, quando manca il testamento.
Successivamente, questa parte del codice contiene la disciplina della successione senza coniuge, genitori e figli. Nello specifico dei parenti fino al sesto grado, e infine dello Stato. In ogni caso, il legislatore riserva una quota di beni ai cosiddetti eredi legittimari, ovvero coloro a cui viene riservata, in modo inderogabile, parte dell’eredità per legge.
L’indicazione dei gradi di parentela avviene secondo un ordine di successione tra i legittimari e non secondo un merito. Il criterio seguito, infatti, è semplicemente il legame di parentela con il defunto quando era ancora in vita. In buona sostanza, il legislatore tiene in considerazione il rapporto familiare e il legame di sangue preesistente, mirando a soddisfare l’esigenza collettiva di non lasciare un bene sprovvisto di proprietario.
Ma cosa succede in caso di successione senza genitori, coniuge e figli? Se il defunto, dunque, non lascia alcun parente perché completamente solo?
In questo caso, l’art. 572 del Codice civile prevede l’apertura della successione a favore dei parenti più prossimi, senza fare distinzione di linea. La successione si estende, quindi, ai parenti fino al sesto grado. In termini pratici: la presenza di parenti appartenenti al terzo grado esclude quelli che appartengono al quarto grado e così fino al sesto grado.
Le particolarità dell’articolo 572 del Codice civile
Una particolarità prevista dall’art. 572 del Codice civile riguarda l’impossibilità di richiamare la rappresentazione quando non ci sono parenti entro il sesto grado a cui trasferire la titolarità dei beni. Se cioè, un parente di terzo grado viene chiamato alla successione ma non vuole o non può accettare, i figli del parente di terzo grado non succedono in quanto tali, ma perché sono parenti di quarto grado.
Sebbene complessa, è questa l’interpretazione più accreditata da parte della dottrina prevalente e cioè che “La successione dei parenti di terzo ordine è regolata esclusivamente secondo la prerogativa del grado. Nessun’altra distinzione è rilevante: né, come dice espressamente l’art. 572, la distinzione fra linea paterna e linea materna, né la distinzione fra parentela ex duplici latere o ex uno latere.
Il parente più vicino esclude tutti gli altri; se vi sono parenti di uguale grado, la successione avviene per capi”. Come si evince da questa interpretazione della dottrina, l’unico vero criterio che viene in rilievo per determinare il soggetto che ha diritto a subentrare nell’eredità, è il grado di parentela.
Chi subentra nella successione in assenza di coniuge, figli e ascendenti
Facciamo un esempio di successione senza coniuge, genitori e figli
Il defunto Tizio lascia due cugine: Caia, che è la figlia di una sorella unilaterale della madre (o del padre) e Prima, che è la figlia di una sorella germana. Questo significa che Tizio, deceduto senza un testamento, senza coniuge né figli, lascia due cugine, una per parentela semplice e l’altra per parentela doppia. Eppure, sia Caia che Prima ottengono parti uguali dell’eredità, perché ciò che conta è, appunto, il grado di parentela.
Quando l’eredità va allo Stato?
Sebbene molto ampia, la successione legittima si limita al sesto grado di parentela, oltre tale grado e dunque in mancanza di soggetti successibili, i beni ereditari vengono affidati allo Stato in modo inderogabile e senza la possibilità di rinunciarvi. Poiché non si tratta di un erede comune, il legislatore ha previsto una disciplina speciale per questa ipotesi, che è contemplata dall’art. 586 c.c.
Oltre all’impossibilità di rinunciare all’eredità, la norma prevede che lo Stato non subentra anche nelle passività, e questo significa che non risponde dei debiti ereditari oltre il valore dei beni che ha acquistato, e lo stesso discorso vale per i legati.
Ovviamente, la devoluzione allo Stato è consentita solo se:
- il defunto aveva nazionalità italiana;
- non vi è un testamento;
- non vi sono eredi legittimi e legittimari, secondo il dettato dell’art. 572 c.c.
Quando il de cuius muore e ci si trova in questa situazione, l’eredità si dice vacante e cioè priva di titolarità, per questo il legislatore ha pensato di valorizzare la sua funzione economica, devolvendola allo Stato.
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