Vedremo quando è possibile impugnare un testamento olografo ed i termini per poter agire.
Ogni testatore deve essere consapevole dell’esistenza di una quota dell’asse ereditario cosiddetta disponibile, della quale è pienamente libero di disporre, e di una quota cosiddetta legittima, della quale il testatore non può disporre liberamente perché spettante per legge ai legittimari. Ciò significa che gli unici soggetti che, pur in presenza di un testamento, possono vantare un diritto intangibile ad una quota dell’asse ereditario sono esclusivamente i più stretti congiunti (legittimari), ovverosia : a) il coniuge superstite, b) il partner dell’unione civile, c) i figli e i loro discendenti, d) gli ascendenti. In assenza di eredi legittimari (coniuge, figli e ascendenti) il testatore ha la piena libertà di nominare chi più desidera in qualità di erede universale, senza sottostare ad alcun limite.
In presenza di un testamento olografo, quali sono i possibili motivi di nullità?
Chi ha dubbi sulla veridicità di un testamento, poiché pone in dubbio che sia stato effettivamente redatto dal de cuius, deve necessariamente avvalersi dell’ausilio di una perizia, rivolgendosi ad un perito grafologo e calligrafico, per verificare la corrispondenza della scrittura del defunto con quella riportata sul testamento. E’, ovviamente, necessario fornire un sufficiente numero di scritture di comparazione (cioè da confrontare al documento da esaminare) scritti a mano da defunto, affinché il perito calligrafico possa avvalersi di scritture comparative per pronunciarsi in merito alla falsità o meno del testamento olografo.
In presenza di riscontro tra le scritture, ma se persiste il dubbio (ragionevole) che quanto dichiarato dal de cuius possa non corrispondere alla reale volontà del medesimo, la strada possibile seppur in salita potrebbe essere quella di dimostrare l’incapacità di intendere e di volere del defunto, alla data di sottoscrizione del testamento, possibilmente avvalendosi di referti medici in grado di comprovare suddetto stato.
Quali sono i termini per impugnare un testamento olografo?
In caso di nullità: perché si dimostra che non è stato redatto dal de cuius, l’azione può essere proposta in qualsiasi momento, senza limiti di tempo
Nell’ipotesi di annullabilità: (per incapacità del testatore, dolo, violenza o errore), l’azione deve essere proposta entro 5 anni dalla scoperta del vizio
In presenza di violazione della quota di legittima: l’azione deve essere proposta entro 10 anni dall’apertura della successione.
Cosa accade in presenza di un testamento olografo dichiarato nullo, annullabile o viziato?
Se a seguito di una conseguente impugnazione del testamento e ottenuto il riconoscimento di una sua nullità, in mancanza dello stesso si aprirebbe la c.d. successione legittima, ovverosia quel tipo di successione ereditaria disposta per volontà di legge.
Come si forma l’usucapione sui beni in comunione?
Per poter rivendicare l’usucapione sui beni in comunione è necessario uno specifico quid pluris.
Il caso: un magazzino (di proprietà sia di Tizio che di Caio) insiste su una parte di appezzamento (alias la corte) di proprietà di entrambi, ed utilizzato soltanto da Caio abitualmente. Pertanto, è necessario interrogarsi sulla possibilità o meno di Tizio di rivendicare l’usucapione sul magazzino.
Nel dettaglio, occorre muovere dalla precisazione per cui l’usucapione può formarsi anche su parti comuni, in comunione. Questa possibilità rileva ai fini del presente approfondimento, in quanto la vicenda rientra nella fattispecie giuridica della comproprietà, trattandosi di una comunione ereditaria.
Eppure, è necessario porre l’accento su un profilo di indiscussa rilevanza: la possibilità di rivendicare la formazione dell’usucapione su beni in comunione (nel caso di specie il magazzino) implica la presenza di un quid pluris. In effetti, non è sufficiente il semplice uso degli stessi come se si fosse il proprietario, poiché il diritto di (com)proprietà già esiste in capo ai singoli partecipanti.
Evidentemente, stando al tenore letterale dell’art. 1102 c.c. (<<ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto>>), l’uso del bene incarna uno dei diritti riconosciuti espressamente ai comproprietari.
Considerazioni
Pertanto, alla luce delle suddette considerazioni, oltre al requisito ordinario del possesso continuativo ed indisturbato del bene per almeno 20 anni, è altresì necessario che il comproprietario possessore abbia impedito concretamente agli altri comproprietari di usufruire a loro volta del bene. Ergo, la fattispecie dell’usucapione di beni in comunione comporta un’irrilevanza della mera astensione degli altri comproprietari dall’uso del bene, richiedendo più precisamente l’esclusiva e totale detenzione del bene da parte del soggetto che intenda opporre a terzi la formazione dell’usucapione, espressione di una condotta in netto contrasto con il diritto degli altri comproprietari di possedere il bene.
L’ordinanza n° 24781/2017 della Corte di Cassazione
Questa impostazione interpretativa è stata altresì sostenuta in occasione dell’ordinanza n. 24781/2017 della Corte di Cassazione, affermando il principio in base al quale “In tema di comunione, il comproprietario che sia nel possesso del bene comune può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri comunisti, senza necessità di interversione del titolo del possesso e, se già possiede animo proprio ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, a tal fine occorrendo che goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune”.
Perciò, avuto riguardo al caso di specie, nonché a titolo esemplificativo, la corretta formazione dell’usucapione potrebbe essere invocata unicamente nell’eventualità in cui la controparte abbia esercitato un dominio esclusivo sul magazzino, ad esempio blindandone in modo evidente l’accesso, a discapito dei restanti comproprietari.
Diversamente, in assenza di un concreto impedimento per le altre parti circa l’utilizzo del bene in comunione, è da escludersi lo scattare dell’operatività della modalità di acquisto a titolo originario della proprietà rappresentata dall’usucapione.
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