La possibilità di far confluire il TFR nel fondo pensionistico è stata oggetto di una recente pronuncia giurisprudenziale, con riferimento alle sue conseguenze in caso di divorzio.

La questione verte sull’articolo 12-bis della legge n. 898 del 1970, che prevede: «Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza.»

Dunque secondo l’articolo 12-bis della legge n. 898 del 1970 il coniuge divorziato che percepisce un assegno divorzile ha diritto a una percentuale del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) erogato all’ex coniuge al termine del rapporto lavorativo, sempre che il coniuge beneficiario non si sia risposato.

Preliminarmente ovviamente devono sussistere determinate condizioni perché tale diritto possa essere riconosciuto:

  1. Il diritto deve maturare al momento della cessazione del rapporto di lavoro dell’ex coniuge;
  2. deve essere stato stabilito un assegno divorzile durante il procedimento di divorzio;
  3. l’importo del TFR percepito deve essere riferibile al periodo di convivenza matrimoniale.

Ricorda la Cassazione che:

“il trattamento di fine rapporto è attribuito quando il vincolo matrimoniale è ormai sciolto, ma deriva dall’accantonamento di somme operato nel corso del rapporto di lavoro e, per il tempo in cui tale rapporto si è svolto durante la convivenza matrimoniale, è ex lege chiamato a godere pro quota di tale trattamento anche l’ex coniuge del lavoratore, se ha ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile. Alla base della disposizione normativa si rinvengono profili assistenziali, evidenziati dal fatto che la disposizione stessa presuppone la spettanza dell’assegno divorzile, ma anche criteri di carattere compensativo, predeterminati dalla legge (v. in motivazione Cass., Sez. U, Sentenza n. 6229 del 07/03/2024). La finalità, in sintesi, è quella di attuare una partecipazione, seppure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi finché il matrimonio è durato.”

Come si collega il TFR a un fondo pensionistico e cosa cambia per il coniuge divorziato?

Se il TFR viene destinato a un fondo pensionistico complementare, ci si deve interrogare su alcuni importanti aspetti, che non possono essere sottovalutati: è qui che è intervenuta la Corte di Cassazione, con la recente Ordinanza interlocutoria n°8375 del 30/03/2025.

Con questa pronuncia gli Ermellini hanno affrontato la questione se il conferimento del TFR a un fondo cambiando la sua natura da retributiva a previdenziale, come tale non possa essere considerato “percepito” al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ma solo in futuro, quando si matura il diritto alla prestazione pensionistica e di conseguenza se questo non renda esigibile il diritto alla quota per l’ex coniuge divorziato, posto che, in tal modo, il fondo pensionistico opera come una forma di previdenza integrativa e non come una somma direttamente liquidabile al momento della cessazione lavorativa.

Cosa succede, quindi, in caso di divorzio? Le somme del TFR destinate a fondo pensionistico non potranno essere oggetto di diritto dell’ex coniuge, restando quindi escluso dalle dinamiche del procedimento di divorzio?

Tale Ordinanza interlocutoria interviene nell’ambito del diritto di famiglia alla luce dell’oramai consolidata riforma previdenziale (d.lgs. n. 252 del 2005) che ha concesso ai lavoratori di scegliere se mantenere il proprio TFR in azienda o di destinarlo ad un qualsiasi fondo di previdenza complementare. Se il lavoratore optasse per quest’ultima soluzione il rapporto intercorrente tra il medesimo e il Fondo di Previdenza Complementare si palesa di natura contrattuale, consentendo al lavoratore il conseguimento di una prestazione previdenziale integrativa, di natura previdenziale, erogate al raggiungimento dei requisiti per la percezione della pensione.

Si viola l’art. 12 bis l. n. 898 del 1970, escludendo il diritto della moglie divorziata a percepire la quota del TFR maturato durante gli anni di matrimonio anche in caso di versamento del TFR al Fondo Previdenziale operato in unica soluzione poco prima del pensionamento?

Le Sezioni Unite della Corte avevano già avuto modo di precisare che, al fine di stabilire se una determinata attribuzione in favore del lavoratore rientri o meno fra le indennità di fine rapporto contemplate dall’art. 12 bis l. cit. è decisivo il correlarsi dell’attribuzione ― fermi, ovviamente, gli altri presupposti stabiliti dalla legge ― all’incremento patrimoniale prodotto nel corso del rapporto dal lavoro del coniuge che si è giovato del contributo indiretto dell’altro (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 6229 del 07/03/2024, che ha richiamato Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28874 del 30/12/2005, ove la S.C. ha affermato che la norma ricomprende anche le indennità di risoluzione del rapporto di agenzia). Tale criterio è stato ritenuto uno spartiacque tra ciò che il coniuge beneficiario dell’assegno di divorzio può pretendere e ciò che lo stesso non può, invece, esigere.

tfr e fondo pensionistico nel divorzio

Cosa dicono le Sezioni Unite

Ed è in questa direzione che le Sezioni Unite hanno affermato che sono da ritenere incluse nella richiamata disciplina le indennità di fine rapporto spettanti ai dipendenti pubblici che consistono in quote differite della retribuzione, suscettibili di esazione dopo l’estinzione del rapporto di lavoro (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19309 del 17/12/2003) e le indennità egualmente concepite, riferite ai rapporti di lavoro parasubordinato (cfr. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 28874 del 30/12/2005).

Quanto al caso in cui casi in cui il TFR sia destinato ad un Fondo pensionistico complementare, ad oggi vi è solo una sentenza della Corte, che ha respinto il ricorso proposto contro la decisione della Corte d’appello con la quale era stata accolta la relativa domanda (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 12882 del 22/05/2017).

Nella fattispecie però sottoposta recentemente alla Suprema Corte è stato dato rilievo al fatto che l’art. 12 bis l. 898/1970 riconosce al coniuge divorziato titolare di assegno divorzile la quota del TFR “percepito” alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre, nel caso in cui il TFR sia conferito ad un fondo di previdenza complementare, la liquidazione non è riconosciuta alla cessazione del rapporto di lavoro, ma alla maturazione dei requisiti per la pensione, considerando il TFR avente natura retributiva, ma se conferito nel Fondo Previdenziale dal datore di lavoro, per essere poi erogato da quest’ultimo al lavoratore, assumerebbe natura previdenziale, così rientrando nella previsione dell’art. 2123 c.c.

Come sostenuto nell’Ordinanza “la questione è di grande rilievo nomofilattico per la natura delle problematiche coinvolte e per l’incidenza delle soluzioni su diversi settori del diritto, oltre che per la diffusa possibilità di applicazione” e richiede un esame approfondito da parte della Procura Generale e degli Avvocati.

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