In questo articolo andremo ad analizzare come denunciare un mobbing, i vari comportamenti individuabili, e soprattutto daremo notizie utili su come difendersi e gli indennizzi previsti dall’ordinamento.

Sul posto di lavoro possono verificarsi situazioni in cui un soggetto diventa vittima di molestie che ne compromettono la salute fisica e psicologica: tale condizione va affrontata servendosi degli opportuni strumenti di difesa, come la querela e l’eventuale azione legale di risarcimento.

Mobbing e sfruttamento del lavoratore: i comportamenti individuabili

Quando si parla di “mobbing”, ci si riferisce al complesso di atteggiamenti di natura molesta o persecutoria, posti in essere sul luogo di lavoro dai superiori o dai colleghi nei confronti del singolo lavoratore.

Il termine utilizzato per indicare tale pericoloso contesto deriva dall’inglese “to mob” (il cui significato letterale è “attaccare” o “aggredire”) e fa riferimento a una serie di comportamenti mirati ad emarginare la vittima, anche allo scopo di spingerla alle dimissioni.

Il lavoratore che subisce le molestie, infatti, inizia col provare una sensazione che, mutuando un altro termine anglosassone, può definirsi come “discomfort”, ovvero un malessere che lo priva della necessaria serenità e, diventando sempre più pressante, pregiudica gravemente la sua capacità di svolgere le normali attività.

I riferimenti normativi

Anche se nel nostro ordinamento giuridico non è previsto il reato di mobbing, è possibile rintracciare alcune norme che configurano la rilevanza penale di comportamenti rappresentanti, di fatto, veri e propri atteggiamenti molesti sul luogo di lavoro.

È, in primo luogo, la nostra Costituzione ad affermare il valore centrale della persona umana, assegnando alla sua dignità il valore dell’intangibilità (art. 2), vietando ogni genere di discriminazione (art. 3) e garantendo il diritto al lavoro e alla realizzazione dei singoli obiettivi (art.4).

In stretta correlazione a tali norme, si trova la disciplina del diritto alla salute (art. 32) e alla libertà di svolgere il proprio lavoro nell’interesse della collettività, senza subire costrizioni di alcun genere (artt. 35 e 41), né lesioni del decoro personale.

Anche il Codice civile riserva un segmento specifico alla tutela dei lavoratori e allo svolgimento delle singole attività senza particolari impedimenti: basti pensare alle norme che impongono al datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee a “mantenere l’integrità fisica e morale” dei suoi dipendenti (art 2087), assicurando loro condizioni lavorative adeguate all’entità dell’impegno richiesto.

Gli elementi costitutivi del mobbing

Perché possa configurarsi la fattispecie di mobbing, è necessario individuare nei diversi atteggiamenti del datore di lavoro – o dei colleghi – due caratteristiche specifiche:

  • il carattere vessatorio: anche comportamenti sostanzialmente leciti, qualora vengano sistematicamente reiterati nel tempo e siano chiaramente persecutori, configurano l’ipotesi di mobbing; Se manca, infatti, la continuità delle azioni vessatorie, si potrà rientrare piuttosto nella ‘sottocategoria’ dello Straining, che consiste in una situazione di stress forzato sul posto di lavoro (di gran lunga maggiore di quello richiesto normalmente al lavoratore nello svolgimento dei propri compiti) in cui il lavoratore viene a trovarsi per avere subito azioni ostili limitate nel numero e/o distanziate nel tempo (quindi non rientranti nei parametri del mobbing) ma i cui effetti negativi sono di durata protratta nel tempo.
  • la produzione di un evento dannoso per la salute, fisica e psicologica del lavoratore.

Tra le condotte descritte e l’evento lesivo deve sussistere un nesso di causalità: ciò significa che il pregiudizio lamentato dalla vittima deve direttamente derivare dai comportamenti posti in essere dai relativi responsabili.

Come denunciare un mobbing

Per denunciare un mobbing, naturalmente andranno raccolte le prove: sarà importante annotare ogni episodio di vessazione subito, con indicazione delle date, testimoni, documenti, e-mail, appunti. Ogni richiesta inviata ai superiori o ai colleghi deve essere in forma scritta o spedita per raccomandata A.R. una sorta d interrogazione scritta cui probabilmente non seguirà risposta. Documentare il proprio stato di salute e malessere, attraverso prescrizioni e certificati medici. E diversi altri accorgimenti per non farsi trovare impreparati nel momento in cui si decide di agire.

Nella causa di risarcimento danni da mobbing l’onere della prova è tutto a carico del dipendente, per questo è importante accertarsi di avere tutte le prove necessarie a supporto della causa.

Il lavoratore può rivolgersi certamente alle associazioni di categoria o ai sindacati per ottenere supporto morale; alle forze dell’ordine; può avviare l’azione legale contro i soggetti individuati come responsabili del mobbing, attraverso preliminarmente l’invio di una lettera di diffida o la presentazione di una vera e propria denuncia/querela alla Procura della Repubblica, entro tre mesi dal compimento dell’ultimo atto che si assume come illecito.

La naturale prosecuzione dell’attività di difesa comprenderà. la richiesta di risarcimento del danno, sotto il duplice profilo del “danno emergente”, rappresentato, per esempio, dai costi sostenuti per le spese mediche e farmaceutiche necessarie a guarire le lesioni fisiche e psicologiche derivanti dagli atti di mobbing; e dal “lucro cessante”, riferibile ai mancati guadagni che il lavoratore avrebbe conseguito se fosse stato assegnato a mansioni adeguate alle sue attitudini e se – in modo ingiustificato – non gli fossero state precluse alcune opportunità professionali.

Dal punto di vista non patrimoniale, invece, la vittima di mobbing può ottenere il ristoro dei diritti pregiudicati dai comportamenti illeciti denunciati. Pensiamo al “danno biologico”, “danno morale”, “danno esistenziale”, “danno alla vita di relazione”.

come denunciare un mobbing

L’indennizzo INAIL 

La Cassazione con la sentenza n. 8948/2020 ha ritenuto i danni psicofisici causati dal mobbing una tecnopatia che deve essere indennizzata dall’INAIL al pari di tutte le malattie professionali. Questo anche se non presente tra le malattie inserite nelle tabelle dell’INAIL o il mobbing tra i rischi tabellati.

In particolare la sentenza ha affermato che:

“nell’ambito del sistema del TU, sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione comprese quindi quelle cagionate da condotte mobbizzanti, in quanto ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia”.

Che cosa indennizza l’INAIL per il Mobbing?

L’INAIL interviene solo in caso di infortunio e malattia professionale. Dunque, l’ambito di operatività è quello della lesione biologica e delle diminuite capacità di lavoro con una franchigia fino al 6%.

In questi ultimi anni, l’INAIL ha sviluppato degli strumenti di tutela con il Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing, quindi, la tutela è anche di carattere preventivo.

Forme di mobbing

  • Mobbing verticale

Si parla di mobbing verticale quando i comportamenti dannosi attuati nei confronti del lavoratore provengono “dall’alto”, cioè da un superiore. Ad esempio, un manager potrebbe costantemente denigrare un dipendente nelle riunioni del team, attribuirgli compiti difficili senza fornire il supporto necessario, o limitare le sue opportunità di crescita professionale senza un motivo.

  • Mobbing orizzontale

Il mobbing orizzontale, al contrario rispetto a quello verticale, avviene tra colleghi allo stesso livello gerarchico.

Un esempio potrebbe essere un dipendente che viene sistematicamente escluso da pranzi di lavoro o attività sociali, oppure viene continuamente interrotto e ignorato durante le riunioni di squadra.

Normativa di riferimento

Oltre agli articoli della Costituzione e del codice civile ci sono le disposizioni contenute nelle leggi speciali come lo Statuto dei lavoratori (Legge n. 300/1970), il Codice delle pari opportunità (Dlgs n. 198/2006) e il Testo Unico per la sicurezza del lavoro (Dlgs n. 81/2008).

I comportamenti mobbizzanti, inoltre, a determinate condizioni possono cagionare delle conseguenze riconducibili al reato di lesioni personali di cui all’articolo 590 del codice penale.

Il demansionamento

La prestazione del lavoratore e le conseguenze che derivano dal cambiamento delle mansioni sono disciplinate dall’art. 2103 c.c.. Questa norma è fondamentale perché vieta il demansionamento. In altre parole, di pregiudicare il lavoratore privandolo delle mansioni, ovvero svuotandone gli incarichi. In altri contesti, anche il mancato riconoscimento delle mansioni superiori è altamente pregiudizievole in termini di rispetto della professionalità e della retribuzione. Le condotte tipiche, in caso di mobbing, attengono proprio allo svuotamento delle mansioni, oppure al mancato riconoscimento di quelle superiori.

Sul demansionamento ed inquadramento contrattuale ne abbiamo parlato nello specifico in questo articolo.

Mobbing e tutela dell’art. 2087 del codice civile

Uno degli aspetti centrali del mobbing è la violazione della dignità della persona, e del lavoratore, in quanto persona.

Infatti l’art 2087 c.c. prevede l’obbligo a carico del datore di lavoro di “adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori”. Questa norma è molto importante, perchè sancisce l’obbligo di tutela della salute e della dignità di tutti i prestatori d’opera. Si deve osservare che, in molti casi, le attività di mobbing coinvolgono anche soggetti con contratto a termine. Quindi particolarmente deboli a livello contrattuale.

Inoltre, gli artt. 1175 c.c e 1375 c.c prevedono rispettivamente il rispetto del principio di correttezza e di buona fede contrattuale, valevoli anche nel rapporto di lavoro. Queste sono regole di comportamento fondamentali.

Indennizzo INAIL per mobbing

La Cassazione con la sentenza n. 8948/2020 ha ritenuto i danni psicofisici causati dal mobbing una tecnopatia che deve essere indennizzata dall’INAIL al pari di tutte le malattie professionali. Questo anche se non presente tra le malattie inserite nelle tabelle dell’INAIL o il mobbing tra i rischi tabellati.

In particolare la sentenza ha affermato che:

“nell’ambito del sistema del TU, sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione comprese quindi quelle cagionate da condotte mobbizzanti, in quanto ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tale caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia”.

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